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Music is my life

La musica è la mia vita. Senza la musica non saprei stare, ed oggi è anche il mio lavoro. Strano. Ondivago.

Definire un musicista è arduo, spesso è già difficile l’auto-definizione, di per sé un problema, anche di autostima (“Cosa fai nella vita?” - “Il musicista” - “Sì, ma per vivere, cosa fai?”…) tanto che spesso ci si inventa finte professioni per nascondere il “vero amore”, ciò che ti caratterizza e che ti rende unico. E allora, dopo anni e svariate attività che con la musica c'entravano ben poco...l'illuminazione,! Ti trovi davanti ad una mandria di marmocchi scatenati a cui provi ad insegnare due note, e da lì è partito tutto!

 

Ma senti ancora che non basta, che quello che sai è troppo poco, ed allora cerchi di abbeverarti alla fonte della conoscenza, di immagazzinare più notizie possibili, non per un gusto enciclopedico o per soddisfare una fame pantagruelica di sapere, ma per la sensazione, perenne e insanabile, di inadeguatezza.

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Ogni musicista, dicevo, è unico poiché infiniti sono i percorsi, molteplici le strade, innumerevoli le esperienze, e per ognuno questi percorsi, strade, esperienze, compagni di viaggio (importantissimi per la formazione), studi, passioni, ecc. sono diversi e unici. Non sempre le strade portano da qualche parte, anzi spesso sono vicoli ciechi, un “cul-de-sac” come dicono i francesi, e non solo non puoi andare avanti ma devi ritornare, per forza, sui tuoi passi, il che significa rimettere in discussione tutto, ciò che sai e che hai fatto. I musicisti...che razza strana: c’è chi cerca la fama, chi la perfezione, chi vuole alimentare un fuoco sacro che lo divora, chi semplicemente per “mestiere”, chi per essere ricordato in Eterno, chi per l’adrenalina del palcoscenico, chi per chissà quale altro motivo! Io ho scelto (chissà poi se ho VERAMENTE scelto…) di insegnare. A proposito di luoghi comuni, i dice spesso, chi non sa fare, lo insegna (sarà poi vero? mah) o perché la fama non mi interessa né tanto meno la perfezione ("le persone imperfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono", diceva Aristotele), forse per sanare quella perenne ansia di inadeguatezza, forse perché, semplicemente, mi piacciono i marmocchi urlanti.

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Mi piace stare coi bambini, dicevo, perché attraverso loro conosco me stesso, e capisco meglio l’essenza delle cose; mi aiuta a comprendere i meccanismi dell’apprendere, e poi, egoisticamente, mi diverto! So già cosa pensate, adesso verrà fuori la solita storiella banale su “ho imparato tutto quello che so dai miei allievi” ma il fatto è che non è una storiella e non è una banalità ma è la semplice e pura verità.

Negli anni ho imparato (sarà poi vero anche questo?) che ciò che è importante può essere imparato col divertimento, e che fare è meglio di stare a guardare (uno che scrive alla lavagna o uno che suona, ad esempio). So già che molti di voi non saranno d'accordo che la Scuola oggi va in tutt'altra direzione, ma io semplicemente me ne frego perché a me piace così.

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Concludo, ché le parole possono essere poche ma anche troppe ed in nessuno dei due casi ciò è bene; come tutti coloro che, nelle varie fasi della vita, hanno cercato “un lavoro”, me compreso, sono dovuti passare attraverso quel famigerato strumento di tortura moderno chiamato curriculum. Ormai è tutto curriculum, scolastico, lavorativo, sociale, ormai tutto passa da cosa hai fatto, quante esperienze, quante occupazioni, quanti studi, ecc.ecc. ed ecco che ci si inventa professioni inesistenti, esperienze mai fatte o quanto meno gonfiate a dismisura ma spesso non aderenti alla realtà delle cose, si indicano abilità fasulle. I curriculum oggi sono l’esaltazione dell’iperbole, e quasi mai fotografano la reale qualità di una persona. Il curriculum è una tattica, quella di accaparrarsi il favore di un possibile datore di lavoro. Ora, io NON metterò il mio curriculum oppure metto questo qui perché a me non interessa ciò che ho fatto ma ciò che ancora devo fare. Diceva qualcuno, non ricordo chi, che il successo è un participio passato, e a me guardare indietro, semplicemente, non piace. Tantomeno mi interessa vantarmi di aver studiato con Tizio o lavorato con Caio, poiché dopotutto ciò ha un valore relativo, se poi da Tizio o da Caio non ho imparato nulla! Questo blog/sito ha, come tutti i blog/siti di qualsiasi genere, varie sezioni dove “appoggiare” un “Mi piace” o lasciare un commento. E’ sempre difficile annusare la contemporaneità, in particolare in questa epoca dove tutto è 2.0, salvo poi non ricordarsi di come eravamo nella versione precedente e se alla fine non era meglio prima; pare che ormai si calcoli il valore di una persona se ha “almeno” un milione di followers su Twitter o se il suo video ha seicentocinquantamila “like” su Facebook o su YouTube. In un mondo in perenne movimento la paura è quella di ruotare su se stessi senza un perché, come una trottola agita da un misterioso giocatore, e se da un lato non cerco, come Battiato, un centro di gravità permanente, ma anzi vorrei poter rileggere le cose in modo sempre diverso, al tempo stesso mi piace scoprire ciò che conta veramente, e mi interessa sapere cosa ne pensate voi, quindi, se vi va, scrivetemi!

E se, al contrario, ciò che avete visto non vi piace, pazienza, oppure Braf, bruf!

Una foto qualunque, con uno dei miei amici fidati, in un momento di auto compiacimento... La faccia non si vede ma va bene lo stesso (anzi meglio!)

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